Lo studio Epson Micro-Business, presentato a febbraio 2012 e riassunto sul sito di Fondazione Impresa, rivela che il 94% delle piccole imprese (da 1 a 10 addetti) utilizza Internet per vendere prodotti o servizi. Quasi il 90% di esse, inoltre, usa il Web anche per fare acquisti. L’indagine è stata condotta su 1.250 imprenditori europei, di cui 250 sono italiani. La fotografia è nitida come non mai e mette in discussione anche le più tradizionali forme di promozione, più orientate ai media cartacei che non alla Rete.
L’esperienza ci dice che le aziende più piccole, le cosiddette microimprese, spesso per mancanza di risorse, a volte solo per mentalità, non investono in comunicazione professionale. Spesso si affidano al fai-da-te e alla passione di qualche socio particolarmente portato o di qualche amico. Insomma, siamo al limite dell’hobbismo.
Ma ci sono anche le piccole e medie imprese che si affidano alle agenzie esterne, oppure direttamente ai concessionari di pubblicità. Il fatto è che il panorama di questi ultimi, soprattutto nella provincia italiana, non è entusiasmante. Poche sono le reali competenze nella comunicazione sul Web e in moltissimi casi si tratta di professionalità «riconvertite» obtorto collo: cioè si trovano a vendere servizi sulla Rete senza crederci troppo o addirittura conoscendo in modo insufficiente gli strumenti della Rete (Cms, indicizzazione per i motori di ricerca, come leggere le statiche di accesso in modo utile, come funziona un sito e-commerce, ecc.).
Non è raro che sia lo stesso cliente a saperne di più del commerciale che gli sta proponendo l’acquisto di un banner o una campagna sui motori di ricerca. E’ brutto quando si fa una domanda moderatamente tecnica (da utilizzatore avanzato, non da informatico) e il commerciale deve telefonare alla base per avere la risposta. Se avviene questo è lecito dubitare della bontà e dell’affidabilità delle soluzioni che questa persona ci sta proponendo.
Da un eccesso all’altro, ci sono anche i venditori che le cose le sanno, ma non le dicono, altrimenti le dicono a metà pur di vendere il servizio all’imprenditore, approfittando del digital divide e tirando a fare fatturato. Il cliente viene così disorientato e rischia di cedere alla tentazione di spinte conservatrici o di credere all’amico di turno, il suo personale «guru» dell’immagine.
In mancanza di una rotta precisa si rischia di spendere male (tragedia), di spendere troppo o troppo poco. Già, perché anche la concorrenza al ribasso di chi vende prodotti open-source con il vestito della festa e prestazioni al limite dell’amatoriale, è un vero problema per chi si rivolge in modo professionale ed etico alle piccole e medie imprese.
Occorre quindi fare molta attenzione a affidarsi a professionisti seri, che possano dimostrare un buon livello di soddisfazione del cliente e operino in modo tecnicamente corretto e umanamente sincero. In poche parole, che abbiano una dimostrata capacità di comprendere le esigenze del cliente e lavorare al meglio, nell’interesse di entrambi.