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Il suicidio perfetto, ovvero come lo schermo del telefono mette in differita la realtà
1 Luglio 2024

Tempo di lettura: 5 minuti

Quante volte, durante un evento, abbiamo tirato fuori lo smartphone per una foto o una ripresa senza accorgerci che non stavamo guardando ciò che capitava “dal vero” ma lo schermo del telefono? Quante volte è capitato di aver pensato: “ho perso quel concerto, quella trasmissione in diretta, quella partita, quell’evento, quel momento di festa dei miei figli ma fortunatamente lo posso rivedere online su YouTube, Raiplay, su Whatsapp grazie alle riprese fatte dalla mamma di Lucinda (nome a caso)”?

Di seguito proveremo a ragionare insieme su quanto, questo pensiero e queste azioni, incidano sulla nostra percezione del mondo, in certi casi, addirittura, sul nostro “essere nel mondo”. E, sul finale, ci sarà pure da farsi qualche risata.

Partiamo con due date

Il 2 ottobre 1925, il volto di William Taynton, fattorino di laboratorio dell’ingegnere scozzese John Logie Baird, compare su uno schermo tv che si trova nella stanza a fianco. È la prima trasmissione televisiva della storia.

Il 23 aprile del 2005 Jawed Karim, primo utente e fondatore di YouTube, caricò online il suo video “Me At The Zoo”.

Il delitto perfetto

Due date che, ognuna a modo loro, hanno contribuito a quello che Jean Baudrillard definisce “il delitto perfetto”, cioè il rafforzarsi della distanza fra ciò che l’uomo percepisce con i suoi sensi (i cosiddetti segni) e la Realtà, cioè l’entità di senso ultima propria di quella determinata porzione di significante. Un’entità di senso che, proprio perché percepita mediante la sua apparenza, dà soltanto l’illusione di esserne al cospetto. 

Una Realtà che sfugge e si nasconde/muore dietro la propria apparenza. L’esempio più semplice da fare è quello delle stelle: sotto un cielo notturno abbiamo l’illusione di vedere le stelle ma la loro apparenza, ciò che arriva a noi, è solo una luce che è partita tempo addietro e oggi si palesa davanti a noi, restituendo una realtà che non è più quella da cui ha avuto origine. 

“Fortunatamente nulla accade in tempo reale – scrive Baudrillard nel suo “Il Delitto Perfetto” -. Altrimenti saremmo sottomessi nell’informazione alla luce di tutti gli eventi e il presente sarebbe di un’incandescenza insopportabile. Fortunatamente viviamo in base a un’illusione vitale, a un’assenza, a un’irrealtà, a una non immediatezza delle cose”. 

In buona sostanza: per fortuna che il tempo crea uno spazio adeguato in cui l’essere umano può muoversi, e vivere, senza essere travolto dalla realtà e da tutti i suoi “sensi” in contemporanea.

I fatti (tuoi)? Non esistono

La televisione ha contribuito, in qualche modo, a ridurre lo spazio in questo tempo. Prima della televisione (e prima della radio), le notizie, le informazioni, le “cose”, arrivavano a un determinato tempo dal loro accadere. Le cose, gli eventi, erano narrati: si poneva il filtro dell’interpretazione alla stessa. 

Come intuiva Nietzsche: “no, i fatti proprio non esistono, bensì esistono solo interpretazioni”Il senso del “testo” del mondo si rivela ma insieme si complica sempre più nella molteplicità infinita delle interpretazioni. Necessarie e inevitabili. Con la televisione il mondo si palesa a tutti in tempo reale, illusione di una finestra sui fatti che rende il mondo disponibile all’interpretazione di ogni spettatore, in una babele ideale in cui ognuno ha e dà del mondo la propria lettura, la propria interpretazione. Senza filtri. 

Un’illusione di presenza ai fatti quasi “incandescente” che si può spiegare con un semplice aneddoto.

Il bianco e nero che rese reali i morti viventi

Nel 1968 George A. Romero gira, con alcuni amici e qualche centinaio di metri di pellicola, “La notte dei morti viventi”. Il film è in bianco e nero, vuoi per motivi economici (la pellicola in bianco e nero costava meno, anche in termini di sviluppo) vuoi per motivi artistici. Il terrore che provocò negli spettatori fu tale e tanto che si può spiegare solo col fatto che ai tempi la televisione trasmetteva in bianco e nero, e le trasmissioni più seguite erano quelle della guerra in Vietnam, e che gli spettatori, guardando quel film, credevano di vedere fatti reali.

Cioè: la televisione aveva creato l’illusione che la realtà fosse in bianco e nero e, dunque, tutte le immagini in bianco e nero non erano una semplice narrazione ma raccontavano il reale. Reazione assimilabile a chi, avendo visto film in bianco e nero del passato, oggi identifica quegli anni solo con quei colori. 

Uno slittamento di senso che ai nostri giorni si trova nell’illusione (ancora l’illusione data da un’apparenza) che certe immagini di realtà virtuale o create da un software di deep-fake, siano reali perché ce le restituisce e racconta la Rete. Le vediamo su uno schermo, non possono essere un “farlocco”. O quantomeno è da lì che raccogliamo i segni del reale.

YouTube abbatte i limiti e… li espande 

E così dalla televisione arriviamo a YouTube e alle piattaforme di trasmissione in streaming di video. La televisione ha un limite fisico e uno “ontologico”. Il primo: la televisione lavora in uno spazio (il salotto, la cucina, la sala) ed è soprattutto determinata da un tempo (ogni canale ha una scaletta, deve rispettare dei tempi, ha un pubblico il cui spazio-tempo è concluso). 

Il secondo: per sua natura il canale comunicativo televisivo è composto da un emittente (determinato, regolato e limitato dalla capacità di “trasmissione e ricezione” delle antenne), uno strumento per il passaggio delle informazioni (antenne, televisori, decoder, satelliti, etc), un ricevente (lo spettatore).

YouTube, dalla sua, amplia a dismisura i propri limiti.

Sulla piattaforma tutti possono caricare qualsiasi video intendano divulgare. Non esistono più una serie di emittenti limitati in numero: chiunque può essere creatore di contenuti. Inoltre offre al suo spettatore uno spazio e un tempo che hanno il solo limite della fisicità propria dell’essere umano: chi va sulla piattaforma può determinare il proprio percorso nel racconto, può creare il proprio palinsesto, può determinare quanto tempo dare a quell’informazione.  Che come abbiamo visto sopra è la Realtà. O quantomeno la sua, convincente sebbene illusoria, apparenza.

E soprattutto offre a tutti la possibilità di raccontare, di mostrare, di aprire una finestra sul proprio reale dando origine a quell’illusione di compresenza necessaria al “delitto perfetto” della realtà.

L’immagine della realtà che si sovrappone alla realtà

Dunque c’è un evento (il fatto) nel suo farsi, c’è una moltitudine di punti di vista (le interpretazioni), c’è un mezzo che registra e riporta queste interpretazioni e c’è un luogo dove queste interpretazioni possono essere fruite in libertà. Con l’illusione, giustappunto, di essere nel luogo e nel tempo dell’evento stesso. Una sorta di borgesiana “mappa del mondo” in scala 1:1.

Tutti con lo smartphone sollevato, a godersi del momento in differita

E questo porta però a vivere l’evento non più come spettatori del tempo del fenomeno-in-sé, non più compresenti alla cosa che si fa, come soggetti attivi (e attanti) di quella comunicazione. Colui che riprende “la cosa” diventa infatti oggetto, macchina di trasmissione per altri che non sono lì e non lo saranno mai. La realtà nel suo farsi viene letteralmente frantumata dallo sguardo di chi, presente, la osserva attraverso uno schermo. 

Chi, a un concerto, guarda lo schermo del proprio telefono, non è più presente all’evento ma osserva l’assenza del concerto nel suo sorgere. Perché la realtà si annulla nell’illusione della propria apparenza, scompare nell’immagine sullo schermo proprio perché sorge al-di-là dello stesso. E quando tornerà a casa, semmai riguarderà quelle immagini e quelle riprese, non potrà più rivivere quel tempo. Perché l’evento è passato, il mondo procede nel suo andare, nel suo farsi, e ciò che ri-guardiamo non è che una memoria illusoria di un momento in cui “non eravamo” perché impegnati a guardare, su uno schermo, ciò che (non) avremmo riguardato.

Bene lo racconta, a modo suo, il comico Louis C.K. in uno sketch sul saggio scolastico di sua figlia.  Lo si può guardare qui

Alessandro Boriani 

Smartphone concerto

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