L’altro giorno, durante un momento di gioco con mia figlia, ho scoperto che sul mio telefono Android c’è un’applicazione che crea immagini virtuali che si sovrappongono ai volti di fronte allo schermo, creando buffi effetti dell’orrore o altre maschere divertenti. Siamo rimasti a farci foto (come quella qui di fianco) per una ventina di minuti, ridacchiando perché poi le inviavamo con whatsapp. Avrei potuto anche condividerle su un social network a caso (Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat) e l’effetto sarebbe stato altrettanto divertente (ma come ben sapete, sono cose che non faccio). La cosa però si lega a una notizia che ho letto tempo fa e che sottolinea ancora di più quanto sia importante per i social avere per il maggior tempo possibile collegati a sé gli utenti. Anche a costo di prendere le idee degli altri e implementarle nelle proprie proposte.
Anzi. Di recente si fa sempre più forte questa ibridazione fra social network, che porta ad annullare le caratteristiche singolari di ogni piattaforma fino a un confuso magma di similarità: su Instagram sbarca l’e-commerce, Twitter pensa ad aumentare i caratteri, i live di Facebook avranno la realtà aumentata e anche le foto di Snapchat possono essere salvate.
La conseguenza di tutto ciò è che, probabilmente, i numeri di appartenenti ai singoli social fermeranno la propria crescita e non si registreranno forti spostamenti fra l’uno e l’altro. Un’ibridazione che però, oltre a evitare emorragie di utenti, porterà con sé una necessaria specializzazione. Altrimenti un social varrà l’altro, rimanere su Facebook o su un’altra piattaforma sarà ugualmente soddisfacente e, ugualmente, sarà facile spostarsi fra l’una e l’altra senza percepire grosse differenze. Così da annullare completamente quel desiderio di tenere a sé gli utenti.
Alessandro Boriani